Ricercatori hanno studiato a fondo casi di bambini che ricordano le loro vite passate
Diversi ricercatori hanno studiato a fondo casi di bambini che ricordano le loro vite passate: spesso i dati raccolti corrispondono a persone decedute,
a volte fin nei dettagli; in altre situazioni i particolari sono stati difficili da verificare.
Qualcuno potrebbe avere dubbi anche sui casi più convincenti: i genitori potrebbero aver influenzato i loro figli suggestionabili con domande chiuse; i bambini potrebbero aver sentito delle informazioni per caso, all’insaputa dei genitori, e averle poi ripetute; un’immaginazione iperattiva o un desiderio di attenzione potrebbe aver spinto i bambini a parlare di una vita passata.
Forse la teoria della probabilità può spiegare perchè i ‘ricordi’ coincidano con persone o eventi reali o forse sono solo fortunate supposizioni.
Lo psicologo Erlendur Haraldsson, professore emerito presso l’Università dell’Islanda di Reykjavik, ha preso in esame trenta bambini del Libano che avevano insistentemente parlato di ricordi di vite passate, confrontando loro con un gruppo di prova di trenta altri bambini. Il dottor Haraldsson si chiedeva se i bambini che si associano così fortemente all’idea di essere un’altra persona (la loro incarnazione della vita passata) non fossero psicologicamente simili alle persone che manifestano una personalità multipla.
Per esempio, ha testato i bambini per vedere se vi erano più probabilità rispetto ai loro pari di manifestare tendenze dissociative. Il dottor Haraldsson, nel suo saggio Children who speak of past-life experiences: Is there a psychological explanation? (I bambini che parlano di esperienze di vita passata: C’è una spiegazione psicologica?) pubblicato nel 2003 dal British Psychological Society, ha spiegato: «Il concetto di dissociazione è stato utilizzato per descrivere quella serie di processi psicologici che variano da quelli che sono perfettamente normali, come l’attenzione discontinua e il fantasticare, alla comparsa di personalità multiple nella stessa persona con limitata o nessuna consapevolezza di ciascuna delle altre personalità».
Ha rilevato che i bambini con presunti ricordi di vite passate «hanno ottenuto dei punteggi più elevati nel fantasticare, nelle ricerca di attenzione e nella dissociazione, ma non nell’isolamento sociale e nella suggestionabilità». Tuttavia, ha riscontrato «che illivello di dissociazione era molto più basso rispetto a casi di personalità multipla e che fosse clinicamente non rilevante».
Nello stesso documento ha fatto riferimento al suo studio nel settore nello Sri Lanka. Ha riscontrato che i bambini che raccontano di vite passate fantasticano maggiormente rispetto ai loro pari, tuttavia non ha rilevato alcuna indicazione che fossero più propensi a inventare esperienze immaginarie, né che fossero più suggestionabili. In uno dei suoi studi nello Sri Lanka, ha riscontrato che questi bambini utilizzavano un vocabolario più ampio, totalizzavano dei punteggi più alti in un breve test di intelligenza e avevano un rendimento scolastico migliore rispetto ai loro coetanei.
Il dottor Haraldsson ha citato il dottor Ian Stevenson, conosciuto per il suo studio sistematico avviato negli anni 60 di migliaia di casi in cui i bambini avevano riferito di ricordi di vite passate. Stevenson ha seguito molti dei bambini e ha rilevato che quasi tutti loro sono cresciuti normalmente inserendosi in modo appropriato nella società e che non hanno riportato particolari differenze psicologiche dai loro coetanei. Solo uno dei ragazzi che Stevenson aveva seguito è divenuto schizofrenico nella vita adulta.
Difficile giustificare l’evidenza!
Gli psicologi come Haraldsson e Stevenson si sono impegnati a rilevare una qualsiasi influenza psicologica che potesse mettere in discussione i ricordi che stavano esaminando.
Nel 1975, il Journal of American Medical Association, ha scritto di Stevenson: «Per quanto riguarda la reincarnazione ha assiduamente e impassibilmente raccolto una serie dettagliata di casi dall’India, in cui risulta difficile giustificare l’evidenza con qualsiasi altra ragione… Ha registrato una grande quantità di dati che non possono essere ignorati».
Nel 1994, Haraldsson ha pubblicato sul Journal of American Society for Psychical Research un documento intitolato Replication studies of cases suggestive of reincarnation by three independent investigators (Ripetizione degli studi di casi indicativi di reincarnazione da parte di tre ricercatori indipendenti), in cui si delineano quegli studi che hanno replicato il lavoro di Stevenson.
Ha riassunto che: «Ad oggi Jurgen Keil ha studiato sessanta casi tra Birmania, Thailandia e Turchia; Erlendur Haraldsson 25 casi nello Sri Lanka; e Antonia Mills 38 casi nel nord dell’India… Nell’80 per cento dei 123 casi, si è identificata una persona deceduta che corrispondeva apparentemente ad alcune o a tutte le affermazioni del bambino… Dei 99 casi definiti, la persona che il bambino sosteneva di essere stato risultava sconosciuta alla sua famiglia nel 51 per cento dei casi, conosciuta nel 33 per cento e imparentata nel 16 per cento. Nell’insieme dei 123 casi, solo uno di questi – uno studiato dalla Mills – sembrava essere un qualcosa tra una imbroglio perpetrato consapevolmente e un’illusione».
Il documento comprendeva alcuni esempi di casi in cui i dettagli dei ricordi sono stati verificati. Uno di questi era quello di Engin Sungur, nato nel dicembre 1980 all’Antakya Hospital di Hatay in Turchia.
Un bambino in Turchia
Quando Sungur era giovane fece un viaggio con la sua famiglia lontano dal suo villaggio natale di Tavla. Durante il viaggio, indicò il villaggio di Hancagiz che stavano attraversando e disse di averci vissuto. Disse che il suo nome era Naif Cicek e che prima di morire era andato ad Ankara.
C’era effettivamente un Naif Cicek che era morto in quel villaggio un anno prima della nascita di Sungur, tuttavia la sua famiglia lo scoprì solo qualche tempo dopo. Al momento, la richiesta del bambino di visitare il villaggio della sua vita passata non venne ascoltata. In un periodo successivo, quando la figlia di Cicek si recò nel villaggio di Tavla dove Sungur viveva, prima ancora che le due famiglie avessero avuto alcun contatto, Sunger si avvicinò a lei e disse: «Io sono tuo padre». La madre di Sungur alla fine ha portato il figlio al villaggio di Hancagiz per incontrare la famiglia di Cicek. Al villaggio, il bambino ha identificato correttamente i diversi membri della famiglia, tra cui la vedova di Cicek. Ha indicato una lampada a olio nella casa dicendo di averla fatta lui stesso e ha raccontato che un giorno suo figlio aveva investito lui con il camion mentre faceva retromarcia.
Tutte le dichiarazioni fatte da Sungur risultavano corrette, tutti i dettagli sulla vita di Cicek corrispondevano. Sono state fatte alcune dichiarazioni che non è stato possibile verificare, tuttavia nessuna di quelle verificate risultava errata.
Il dottor Jim Tucker, successore di Stevenson negli studi sulla reincarnazione presso l’Università della Virginia, ha raccontato nel suo libro Return to life: Extraordinary cases of children who remember past lives (Ritorno alla vita: Casi straordinari di bambini che ricordano le loro vite passate) di casi analoghi in cui è stato possibile verificare i dettagli dei ricordi della vita passata di un bambino. Tuttavia, ha osservato, che in quei casi in cui non possono essere verificati, «per lo meno, sollevano la questione di ciò che potrebbe aver portato i bambini a credere di ricordare gli eventi in alcuni di questi racconti».
Una ragazza in Canada
Il dottor Tucker ha presentato alcuni esempi, uno dei quali riguardava una bambina canadese di nome Hannah che sembrava ricordare di essere stata una signora anziana. Il padre della bambina non aveva alcun interesse nel gioco dell’hockey. Aveva brutti ricordi a riguardo, evitava di guardarlo o di parlarne. Il padre di lui era appassionato di hockey e la sua mancanza di interesse nei confronti del gioco aveva influenzato negativamente la loro relazione. All’età di tre anni, la bambina chiese al padre il perché suo figlio non fosse più passato a prenderla per portarla alle partite di hockey. Quando il padre chiese lei quando suo figlio fosse andato a prenderla, Hannah rispose: «Ma babbo lo sai, quando ero un’anziana signora».
Più tardi parlò ancora di suo figlio, aggiungendo dettagli come la macchina bianca arrugginita che guidava e la sua giacca di pelle. Il dottor Tucker ha scritto: «Sebbene in questo caso le dichiarazioni della bambina non possano essere verificate, lo trovo abbastanza sorprendente.
Che cosa potrebbe portare una bambina di tre anni, in particolare una alla cui famiglia non piace nemmeno l’hockey, a immaginare di essere stata una donna anziana desiderosa che il figlio la portasse alle partite?»
Eccovi un video molto interessante:
di Tara MacIsaac