La fisica di Interstellar – Secondo articolo – Viaggiare nello spazio

La Fisica di Interstellar: Viaggiare nello spazio

Iniziamo il secondo capitolo di questo viaggio per approfondire la fisica di Interstellar.
Oggi affronteremo il tema del viaggio nello spazio ed in particolare quello della cosiddetta fionda gravitazionale.

La trama
La terra del XXI secolo si trova ad affrontare una piaga che nutrendosi di azoto (che compone il 78% dell’atmosfera) continua ad espandersi e consumando ossigeno impedisce il naturale sviluppo delle coltivazioni.
L’umanità si trova in un clima molto arido, con frequenti tempeste di sabbia e la terra non è più in grado di sostenere l’umanità per il lento declino delle coltivazioni.
Viene dunque posta la ricerca scientifica in secondo piano per favorire l’agricoltura.

In questo background ci viene presentato Cooper un ingegnere ex pilota della NASA che vive con la sua famiglia, fatta eccezione della moglie deceduta qualche anno prima.

Vive con il suocero Donald ed i due figli: Tom, promettente agricoltore, e Murphy, prodigio della matematica.

Nella scena iniziale due voci fuori campo spiegano la piaga. Esse vissero in prima persona le cosiddette dust bowls (tempeste di sabbia) che colpirono negli anni trenta le zone centrali degli Stati Uniti a cui il film si ispira

 

La figlia Murph assiste nella sua stanza a straordinari fenomeni quali la caduta di libri che celano dietro di se dei misteriosi messaggi di un “fantasma” che sta cercando di mettersi in comunicazione con lei.

Durante una tempesta di sabbia il fantasma forma strisce di sabbia sul pavimento della camera di Murph che secondo l’interpretazione di Cooper sono un messaggio in codice binario contenenti delle coordinate geografiche.
Cooper seguito dalla figlia decide cosi di recarsi nel punto indicato dalle coordinate imbattendosi in una base segreta della NASA.

Tale base è guidata dal professor John Brand e dalla figlia Amelia che svelano a Cooper di aver scoperto un Wormhole apertosi 48 anni prima posto nelle vicinanze di Saturno e che ritengono essere stato messo li da una civiltà superiore che vuole aiutare l’umanità nella ricerca di un altro pianeta in cui potersi trasferire. Dieci anni prima la NASA aveva lanciato la missione Lazarus, in cui dodici coraggiosi astronauti, dopo aver attraversato questo cunicolo spazio temporale hanno iniziato a ricercare pianeti dove fosse possibile la vita.
Tre di questi dodici astronauti avevano trasmesso dati promettenti relativi al proprio pianeta sui quali sembrerebbe essere possibile la vita. Tutti e tre si trovano in orbita intorno ad un buco nero super massiccio chiamato Gargantua.

Il professor Brand chiede a Cooper di pilotare l’astronave Endurance per poter portare un equipe di scienziati su questi 3 pianeti e se uno di questi fosse risultato abitabile Cooper sarebbe tornato sulla terra per guidare l’esodo dell’umanità in questa nuova casa. Nel frattempo il professore avrebbe lavorato su una sua teoria (la teoria del tutto) che mirava allo sfruttamento delle anomalie gravitazionali che stavano avvenendo sulla terra in modo da poter far decollare una gigante astronave su cui imbarcare tutta l’umanità (chiamato dal Professore il piano A). In caso di fallimento avevano preparato un piano B che consisteva nel traporto sul nuovo pianeta di ovuli fecondati da cui far rinascere l’umanità.

Immagine dell’Endurance con Garagantua sullo sfondo

Cooper conscio che da questa missione dipendesse l’intero destino dell’umanità, e in particolare dei suoi figli, accetta di farne parte senza però rivelare ai figli i dettagli della missione.
Questa mancanza di comunicazione con la sua famiglia porta la piccola Murph ad odiare il padre, in quanto vede la sua partenza come un tradimento.

L’endurance, dopo essere stata posta in rotazione su se stessa per evitare che gli astronauti fluttuino nel vuoto, salpa con il suo equipaggio formato da Cooper, Amelia Brand, Doyle, Romilly (due scienziati) e due robot semi-senzienti TARS e CASE alla volta del worm hole nel pressi di Saturno dove arrivano dopo un sonno criogenico di due anni terresti.

Fermiamoci ora a capire come si possa raggiungere Saturno

Viaggiare nello spazio: sfruttare la gravità dei pianeti!

Nel film Cooper e l’equipaggio utilizzano un razzo a due stadi per raggiungere la stazione endurance che si trovava in orbita geostazionaria. Durante l’attracco osserviamo che nel momento di impatto tra il lander e la stazione spaziale non viene emesso alcun suono, Questa assenza di suono pare molto strana a vedersi in un film in quanto siamo sempre stati abituati dalla fantascienza a fragori dati da gigantesche esplosioni mentre per la verità nello spazio il suono non esiste.

Le onde sonore sono onde pressorie dovute allo spostamento di aria, dunque nello spazio essendoci il vuoto non è possibile la presenza di suoni.

In realtà lo spazio non è totalmente vuoto ma contiene una bassa densità di particelle, che nel caso di spazio intergalattico può essere ridotta a pochi atomi d’idrogeno per metro cubo. Nel caso invece dello spazio del sistema solare vi sono densità di materia molto maggiori, ma comunque tali da poter trascurare gli attriti.

Tornando alla trama del film abbiamo detto che l’Endurance viaggia fino ai pressi di Saturno e per compiere tale percorso ci mette circa due anni tempo nel quale l’equipaggio è in sonno criogenico e la navicella è gestita di TARS e CASE.
Ma è davvero possibile arrivare da un’orbita geostazionaria a Saturno in soli due anni?
Possiamo prendere ad esempio una missione spaziale che ha studiato Saturno da vicino: la missione Cassini-Huygens.

In foto la sonda Cassini

La missione Cassini-Huygens era composta dall’orbiter Cassini e dal lander Huygens ed il loro scopo era studiare il sistema di Saturno, in particolare le sue lune e i suoi anelli.

Il 15 Ottobre 1997 le due sonde hanno lasciato la superficie terrestre e si sono inserite nell’orbita di Saturno il 1 Luglio 2004, ovvero 7 anni dopo.
Ma come mai ci ha messo così tanto tempo?
Osserviamo la traiettoria che ha seguito la sonda:

Lo scopo della missione era di effettuare delle osservazioni ravvicinate di Saturno – che essendo un pianeta gassoso non possiede una superficie – e dei suoi anelli.

Per poter arrivare a Saturno le due sonde hanno seguito un itinerario di circa 3 miliardi e mezzo di kilometri.

Il Sole in una foto scattata dalla sonda Cassini

A livello energetico è molto costoso lasciare un’orbita geostazionaria e arrivare fino a Saturno – a tal punto da richiedere poco più dell’energia necessaria per raggiungere un’orbita terrestre bassa dalla superficie del pianeta – dunque nella missione Cassini si optò per il “risparmio energetico della missione” e quindi si sfruttò l’effetto di fionda gravitazionale di un altro pianeta (in questo caso Venere e poi Giove) per incrementare la velocità delle sonde.

Con fionda gravitazionale si intende l’entrare nel campo gravitazionale di un pianeta con un angolo tale da poterne uscire ma con maggiore energia, ovvero con maggiore velocità.

La fionda gravitazionale

Teoricamente se si disponesse di energia pari a quella del lancio sarebbe possibile dimezzare il tempo di raggiungimento di Saturno della sonda Cassini sfruttando la sola fionda gravitazionale di Giove, il che comunque richiederebbe una grandissima quantità di energia e circa 3 anni di viaggio.

Però bisogna considerare un altro elemento: la sonda Cassini si è avvicinata a Saturno con l’obiettivo di avvicinarsi il più possibile per fare delle osservazioni, il che ha richiesto di intraprendere una traiettoria che ne consentisse il rallentamento, il che richiede un lungo tempo (ad esempio le missioni Apollo per arrivare sulla Luna hanno impiegato circa 3 giorni, sebbene la distanza percorsa fosse di soli 375’000 km con punte di velocità di 8 km/s).
Un’altra sonda spaziale è però passata nei pressi di Saturno dopo 2,4 anni di percorso: la sonda New Horizons, lanciata il 18/01/2006 ed è passata nell’orbita di saturno il 08/06/2008. Questa sonda ha impiegato così poco tempo in quanto era diretta verso Plutone per effettuarne delle osservazioni.
Comunque l’andamento delle missioni Cassini e New Horizons è completamente diverso da quello della missione Endurance in quanto quest’ultima partiva da un’orbita geostazionaria.

Capiamo che il tempo necessario all’Endurance per raggiungere Saturno sarebbe stato interamente determinato dall’energia di cui disponeva all’inizio del viaggio, ovvero a quella immagazzinata nei 10 anni di orbita geostazionaria poiché non necessitavano di altra energia per il rallentamento.

Inoltre notiamo che né l’Endurance né il lander dispongono di serbatoi per il carburante che solitamente rappresentano la gran parte del peso per le navicelle spaziali. Questo ci fa pensare che utilizzino un tipo di carburante molto performante oppure antri tipi di trasformazione di energia.

In conclusione è quindi possibile che Cooper e l’equipaggio dell’endurance possano aver raggiunto Saturno in appena due anni?
Se ammettiamo che utilizzino tecnologie del XXI secolo è praticamente inspiegabile come durata del viaggio se invece le tecnologie utilizzate sono fantascientifiche allora tutto è possibile (o meglio quasi tutto).

Ci vediamo alla prossima 😉

Roberto Sangiorgio

Per chi fosse interessato lascio il link delle foto fatte dalla sonda Cassini:
– https://www.nasa.gov/mission_pages/cassini/images/index.html

– https://www.focus.it/scienza/spazio/ecco-la-terra-vista-da-saturno?gimg=64535#la-terra-vista-da-saturno&img6453

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